Educazione: abbiamo perso la bussola


Di Dante Balbo



 

Nel mare della modernità, i figli non sanno a cosa aggrapparsi, ma anche i genitori non hanno molti appigli: proviamo a trovare insieme una strada possibile.

 

La questione educativa non dovrebbe essere un problema e di fatto non bisognerebbe neanche parlarne se le condizioni fossero quelle di cinquanta o cento anni fa, in cui le posizioni erano chiare, i genitori erano riconosciuti e si riconoscevano in un modello comune cui appartenevano tutti gli adulti della comunità di appartenenza.

Tutto questo è molto mutato e sono note le trasformazioni profonde che hanno caratterizzato l’ultimo scorcio del ventesimo secolo.

Dentro questo contesto di mutamento e di esigenza di chiarezza per le nostre famiglie, si inseriscono le serate trascorse nella parrocchia di Barbengo da me e mia moglie, in qualità di relatori sul tema dell’educazione.

Qui di seguito ne riportiamo una parte, perché ci sembra opportuno non limitare alla cerchia ristretta che ne ha usufruito il dibattito su una questione così importante.

Ragioni di spazio ci impediscono di riportare la relazione in modo integrale, per cui dobbiamo necessariamente saltare la prima parte, che ha costituito l’analisi del momento presente, con tutte le sfaccettature collegate con la tecnologizzazione dei rapporti sociali o con il cambiamento della posizione della donna nel contesto culturale occidentale.

Il punto di partenza di questo estratto, invece sono i luoghi comuni, quelle idee sull’educazione e sui bambini, che si sono diffuse e oggi fanno “cultura”, quelle idee che ci fanno esclamare che i figli, nonostante noi, il più delle volte, crescono sani.

 

 

Il trauma del “trauma”

 

Uno dei principali responsabili della deresponsabilizzazione educativa o della confusione in questo campo è la divulgazione delle psicologie.

Un primo concetto da demolire è quello di trauma.

Il timore maggiore dei genitori è che il loro bambino sia esposto a qualche trauma, voluto o non voluto.

Molti genitori vengono a parlarmi e la prima cosa che mi dicono è che forse il loro bambino è così perché da piccolo¼ Certo ci sono esperienze significative nella vita di un bambino, come in quella di ciascuno di noi, ma non sono classificabili secondo questa categoria. Ricordo una donna che aveva avuto una vita sessuale infantile precoce, con esperienze dentro e fuori la famiglia. In realtà il suo problema effettivo era il disprezzo materno, che demoliva sistematicamente qualsiasi sforzo lei facesse per piacere alla mamma, più che le carezze del cugino, che anzi, ricordava come esperienze piacevoli.

Ho un amico, allevato in una casa dove la violenza fisica era una costante, ma lui è una persona assolutamente equilibrata con i propri bambini e non odia i genitori per quello che gli hanno fatto, ricorda bene quegli anni, non li ritiene il massimo per un bambino, ma ha fatto in seguito esperienze tali da fargli amare profondamente la vita e i suoi simili.

 

 

Il bambino sapiente

 

Un altro luogo comune da smontare è quello del bambino che capisce tutto. Certo che capisce, quello che deve capire, cioè l’essenza della relazione che costruiamo con lui, ma questo non ci autorizza a caricarlo di responsabilità che non gli appartengono.

Ricordo di un genitore in crisi coniugale che mi aveva detto con orgoglio di aver spiegato tutto ai suoi bambini, per coinvolgerli.

La risposta del figlio era stata: “allora adesso non avrai più tempo di giocare con noi?”

 

 

Vietato vietare

 

Mettete insieme questi due principi, il bambino capisce tutto e se non capisce avrà un trauma, otterrete il disordine educativo, in cui l’imperativo è: non si può frustrare un bambino, bisogna spiegarli tutto, anche quando decido qualcosa senza una ragione, ne devo trovare una, altrimenti non posso ordinare nulla al mio bambino. Tutto facciamo naturalmente per il suo bene, lui è al centro della nostra attenzione, così che se voglio metterlo a letto perché non ne posso più di bambini intorno e ho voglia di stare con mia moglie o mio marito, mi devo giustificare, devo trovare il bene per il bambino, gli dirò che è tardi, che domani va a scuola, che la mamma è stanca.

Se gli dicessi che la mamma ha semplicemente voglia di parlare d’altro che non siano giochi o interessi del bambino e vuole stare con papà, mi sentirei in colpa e penserei che sono un genitore snaturato.

La cultura della “tolleranza”, cioè della impossibilità di definirsi con un’identità precisa è penetrata così profondamente nel nostro vissuto che quando decidiamo qualcosa di preciso, ci sentiamo un po’ limitati, aggressivi, intolleranti. Tant’è vero che l’esperienza più comune è il senso di fallimento educativo, perché avevamo deciso una linea, ma poi non siamo riusciti a mantenerla. Possiamo essere flessibili solo se riteniamo giuste le regole che abbiamo dato, mentre spesso abbiamo l’idea che lo stesso fatto di dare delle regole è da qualche parte ingiusto e quindi tentiamo di imporlo più a noi stessi che al bambino: risultato il crollo su tutta la linea.

 

 

L’adulto bambino

 

Per incontrarci con il nostro bambino ci dicono che dobbiamo ritrovare il bambino dentro di noi, riscopertine/coprire la nostra infanzia.

Spesso quindi troviamo soprattutto padri non cresciuti, incapaci di assumersi le loro responsabilità accanto alla propria moglie, pronti a confondersi con il loro figlio, per conservare un po’ di attenzione da parte delle donne.

Quante volte ho sentito signore quasi soddisfatte di affermare che da quando erano diventate madri, di figli ne avevano due. E’ la tomba della relazione coniugale e, per giunta, al miele.

D’altra parte vi sono donne che saltano direttamente da bambine a madri, incapaci di differenziarsi troppo dai loro figli, senza mai aver effettivamente introdotto il marito nella relazione.

L’educazione mediatica che tende a costruire persone incapaci di aspettare, di progettare a lunga scadenza, non favorisce certamente la differenza fra adulti e bambini, offrendo ad entrambi lo stesso modello di vita.

Fino qui abbiamo demolito i luoghi comuni relativi all’educazione. Nella prossima rivista cercheremo di cogliere le enormi risorse che permettono alla famiglia di crescere formando uomini e donne che sappiano trovare la loro bussola.